Fin dalla nascita della psicoanalisi, il suo fondatore S. Freud, prescriveva e proibiva in modo deciso, comportamenti che nella relazione con il paziente includessero un ruolo del corpo. Non una stretta di mano, nessun contatto fisico, lo psicoanalista doveva essere come un “ morto”, silenzioso, senza reazioni evidenti. Attualmente un gran numero di psicoanalisti ammettono la necessità e l’opportunità, di tener conto in seduta, della presenza e della voce del corpo del paziente.

Più di una scuola come, ad esempio, R. Lombardi (2016), oppure in Francia, M. Dechaud-Ferbus (2011) ha posto l’esperienza corporea come elemento fondamentale nel corso del trattamento psicoanalitico, dando rilievo agli elementi legati alla condizione corporea, come la respirazione, l’espressività, lo sguardo, ecc. In molti lavori psicoanalitici sono presi in considerazione aspetti della corporeità, già descritti accuratamente da Lowen, senza che quest’ultimo venga mai citato.

Così non è nel caso della psicoanalista Dott.ssa Rossella Valdrè, Psichiatra e Psicoanalista, membro ordinario della SPI (Società Psicoanalitica Italiana) e dell’IPA (internazionale), che ha dato alle stampe  recentemente un suo interessante e ricco scritto dal titolo: ”Sul masochismo. L’enigma della psicoanalisi. Riflessioni nella teoria, nella clinica, nell’arte” (2020), in cui, nel fare una panoramica degli autori postfreudiani che si sono occupati del masochismo da varie angolazioni, porta un’intera pagina di descrizione del corpo del masochista, citando, come fonte, due lavori di Alexander Lowen, rendendo in questo modo merito ad uno studioso del corpo emozionale quale è stato Lowen.

Questo è un fatto importante, che la psicoanalisi italiana, per la prima volta a mia conoscenza, citi espressamente A. Lowen. Questa novità però ci interroga ancora una volta su quale sia l’eredità teorica di  A. Lowen e quale sia il ruolo della sua teoria nella grande costellazione delle teorie psicoanalitiche.

Quando nel 1993, la SIAB ha inoltrato la richiesta al Ministero dell’Università, per il riconoscimento del programma di formazione, la domanda era accompagnata da una lettera firmata da Alexander Lowen ove si diceva:

“L’Analisi Bioenergetica è un approccio terapeutico ai disturbi emozionali e fisici in cui si combina la totale comprensione psicoanalitica dei problemi dei pazienti ed il lavoro sul corpo”.

Questa definizione introduce un quesito fondamentale: ovvero, l’Analisi Bioenergetica è complementare o è alternativa alla psicoanalisi.

Dal senso della lettera si capisce chiaramente che per il fondatore, l’Analisi Bioenergetica è complementare ad un trattamento psicoanalitico . (Psicoanalitico, che opera con la parola, l’inconscio, il transfert-controtransfert utilizzando l’ordine simbolico del linguaggio).

Infatti, Lowen a pag. 284 segg. in Bioenergetica (1975) afferma: “Il potere delle parola nel plasmare l’esperienza del bambino è inquietante, le parole si stampano nella sua mente e persisteranno nel loro significato negativo indipendentemente da quale sarà la sua esperienza realizzata nella sua vita”. Qui Lowen riconosce in modo chiaro, secondo me, l’importanza di occuparsi della parola, vale a dire del linguaggio ovvero della psicoanalisi e non solo dell’esperienza corporea.

Il tema di quale eredità si debba salvare e sviluppare della teoria di Lowen, è una tematica sempre aperta. La centralità del corpo nella stanza d’analisi come soggettività incarnata nel suo corpo, rimane un punto ineliminabile, anche per la psicoanalisi più strutturalista. La fragilità del corpo, la sua vulnerabilità, l’imprevedibilità, la continua esposizione al rischio, il fatto che il corpo ha vita finita, l’esperienza della morte che avviene nel corpo, la pretesa di essere sani, la pretesa di essere padroni del proprio corpo e molto altro, non possono essere considerati “determinanti” insignificanti sul funzionamento della mente.

La coesistenza di cultura e natura, di cultura e biologia, di logica e corpo, di episteme e cellule biologiche è comunque un punto focale dell’essere umano. Noi non abbiamo solo un corpo ma siamo contemporaneamente corpo. In un ottica psicoterapeutica ambedue i poli devono essere tenuti presenti, anche se è molto difficile, mentre è molto più semplice, escluderne uno o l’altro.

”La bioenergetica studia gli effetti della cultura sul corpo”, afferma Lowen a pag. 82 in Bioenergetica (1975). Ecco allora che il lavoro di A. Lowen trova casa nel discorso psicoanalitico, come ben evidenziato nel bel libro di Rossella Valdrè. Un’integrazione delle caratteristiche e delle dinamiche corporee nella teoria psicoanalitica, per non fermarsi alle spiegazioni dei quadri psichici con le sole teorie energetiche, ormai ritenute “teorie energetiche del tempo”, come scrive l’autrice a pag. 49 nelle sue riflessioni sul masochismo.

Bibliografia:

Dechaud-Ferbus M. (2011). Cet autre divan. Parigi: Press Universitaires de France.
Lombardi R. (2016). Metà prigioniero, metà alato. Torino: Bollati Boringhieri.
Lowen A. (1975). Bioenergetica. Milano: Feltrinelli.
Reich W. (1973). Analisi del carattere. Varese: Sugarco.
Valdrè R. (2020). Sul masochismo. L’enigma della psicoanalisi. Riflessioni nella teoria, nella clinica, nell’arte. Torino: Celid-IBS