Dott.ssa Chiara Brentan

Durante la mia prima gravidanza ero piena di energia e vitalità. Non ho conosciuto le nausee ma ricordo invece molto bene quello speciale senso di pienezza.

Ho continuato a condurre la classe di esercizi fino all’ultimo mese, con autoregolazione ma senza precludermi nessun esercizio.

Dopo il parto nei primi mesi ho interrotto il lavoro. Ero felice di dedicarmi alla maternità ma in molte occasioni il lavoro mi mancava, mi mancava una vita professionale e tuttavia era fortissima la necessità di non separarmi da mia figlia. Con altre mamme per un po’ abbiamo coltivato il sogno di creare un’associazione di mamme in cui poter lavorare con accanto il nostro bebè… sognavo di poter riprendere la mia vita sociale e di poter fare tante cose come donna, ma con accanto la mia inseparabile bambina.

E i primi sei mesi li ho vissuti così, nella simbiosi dell’esogestazione, sentendomi però esclusa da situazioni professionali, formative e sociali che prima del parto davo per scontate. Questo mi metteva un po’ di malinconia …

Dopo il parto nel mio corpo era anche scomparso quel magico senso di pienezza. Anzi inaspettatamente mi sentivo sconnessa e priva di energia, mi ricordo la sensazione di camminare su gambe non mie e il bacino svuotato di vitalità.

In questo periodo ho incontrato un corso di yoga mamma bambino. È stato uno spazio preziosissimo dove potevo portare con me mia figlia ma anche stare in contatto di nuovo col mio corpo, rilassarmi e incontrare altre mamme con cui costruire una nuova rete sociale.

Mi mancava però la bioenergetica … la pratica che avevo imparato a conoscere e a cui da anni il mio corpo rispondeva, il grounding, la naturalezza del respiro che torna spontaneamente fluido, l’ascolto delle emozioni nel corpo, la possibilità di esprimersi con suono della voce e lasciarsi andare.

Da questa esperienza mi è nato il desiderio di condurre una classe di bioenergetica dedicata alle donne in gravidanza e alle neomamme con bimbi fino a sei mesi.

Mi piaceva l’idea di riunire questi due momenti della vita che io avevo sentito stranamente separati dall’evento del parto e che a volte lo sono anche dalla società che offre molte occasioni di sostegno alla mamma con la pancia e poi scompare una volta nato il bambino.

Ho riadattato lo spazio in modo da renderlo più accogliente e flessibile stendendo a terra materassi e cuscini su cui poter appoggiare il proprio bebé o su cui sedersi appoggiando la schiena alla parete per le mamme col pancione.

Il neonato che entra nella classe porta con sè il nuovo e l’imprevedibile. Chiede di creare una classe poco strutturata e centrata sul qui e ora e sulla fiducia che ciò che accade va bene, sospendendo il giudizio: tutto è occasione per poter stare in ciò che c’è,  e in ciò che accade cercare una posizione il più comoda possibile.

La prima cosa che mi sono proposta è di offrire uno spazio in cui poter ricontattare il proprio corpo.

Ascoltare le proprie sensazioni non è mai scontato, a seconda di chi siamo possiamo essere per carattere o per esperienze più o meno avvezzi ad ascoltarle.

Tuttavia quando nasce un bambino spesso questo catalizza completamente la nostra attenzione, soprattutto se è il primo. Ricordo ancora, con la mia prima figlia, come nel primo mese avevo la sensazione che mi si fosse ristretto il campo visivo tanto ero concentrata su di lei. La nostra postura conosce un nuovo centro: il bisogno del bambino di esserci cullato, preso in braccio, sostenuto, allattato…

E in queste posizioni c’è il rischio di scordarsi di sè e di ritrovarsi solo dopo nelle tensioni muscolari o nelle parti doloranti.

Anche il respiro conosce nuove apnee: come quando ci si accosta al neonato per vedere se sta solo dormendo e respira ancora o come quando il nostro bambino piange e il suo suono ci arriva e ci risuona come nessun altro suono.

La classe rappresenta una pausa in cui è possibile riportare l’attenzione alle sensazioni del proprio corpo e al proprio respiro.

All’inizio nelle prime classi il bambino era presente e rispettato nei suoi ritmi e nelle sue esigenze, quindi naturalmente la mamma si fermava e si dedicava a lui nel momento del pianto, o per allattarlo o cambiarlo, ma in un certo senso era lì come accompagnatore della madre.

Come conduttrice mi offrivo come sostegno nel gestire il piccolo, per esempio, quando possibile, cullandolo al posto della madre.

Progressivamente sempre di più nelle classi ho lasciato spazio perché il neonato possa essere a sua volta un soggetto protagonista, perché ciò che accade possa essere fonte di esperienza e perché possa essere protagonista anche la relazione mamma/ figlio.

Quando il bimbo piange, sostengo la mamma perché possa cullarlo o allattarlo e nel contempo respirare,  portare l’attenzione a sé e al proprio corpo e cercare la posizione più comoda.

A volte si creano nuovi modi per stare col bambino e nel contempo proseguire gli esercizi proposti. Oltre che promuovere l’autoregolazione, quando propongo un esercizio con ogni singola mamma cerchiamo insieme il modo adatto per farlo per lei e il suo bambino in quel momento. Gli esercizi della classe seguono quindi una linea comune del gruppo ma vengono poi soggettivati a seconda della persona e di ciò  che accade, in modo molto elastico e flessibile.

In alcune occasioni il focus è proprio la relazione mamma bambino: propongo semplici esperienze di contatto col bambino, come modi per coltivare la relazione non verbale e nel contempo ascoltarsi, osservare e sintonizzarsi.

In altre occasioni la relazione e la sintonizzazione avviene come effetto secondario.

Ricordo per esempio una mamma partecipante che soffriva per il fatto che il bimbo di tre mesi dormiva poco costringendo anche lei all’insonnia. Durante un esercizio di respirazione addominale sdraiata a terra aveva appoggiato il bimbo che si lamentava sulla sua pancia;  dopo pochi minuti di contatto pancia a pancia e respiro profondo della mamma,  il bimbo si è tranquillizzato e addormentato.

In un’altra occasione mentre le mamme sdraiate a terra si dondolavano sulla schiena per massaggiarla, una mamma ha appoggiato la sua bimba di quattro mesi sulla pancia con la schiena appoggiata alle sue gambe e prendendosi con le mani le ginocchia si è trasformata in un dondolo per se è per la bimba… dondolavano, si guardavano e si sorridevano …

In altre occasioni invece sento che prevale il bisogno di fare una pausa dal contatto col bambino e di nuovo mi offro di accudirlo perché la mamma possa dedicarsi a sè e rilassarsi.

In molti esercizi propongo un’alternanza nel contatto e l’esperienza dell’attenzione che può oscillare dal contatto col figlio a sè e alle proprie sensazioni e viceversa.

Per esempio propongo l’esercizio del gatto portando il bimbo sdraiato davanti a sé in modo che sia possibile il contatto oculare.  In inspirazione la mamma con la schiena fa la gobba e guarda verso terra: in questa posizione può contattare con gli occhi lo sguardo del proprio bambino; in espirazione quando inarca la schiena e guarda davanti lasciando andare dei suoni sposta il contatto oculare all’ambiente circostante. Il movimento  e questa alternanza flessibili permettono di ascoltare le sensazioni in entrambi i momenti e di ampliare appunto il proprio campo visivo.

In altre esperienze, sempre allo scopo di ascoltare senza giudizio le proprie sensazioni quando si é in contatto col bambino e quando il contatto si interrompe, promuovendo un’oscillazione flessibile dell’attenzione da sé al bambino, propongo di alternare gli occhi chiusi e gli occhi aperti e il contatto oculare col figlio, magari abbinando il movimento al respiro.

Oltre che esercizi di consapevolezza e contatto col proprio corpo o relazione col bambino, siano essi di radicamento o di rilassamento, ho sperimentato l’importanza di inserire anche esercizi espressivi. Lavorare con il suono della voce e sul mollare le tensioni, senza andare troppo nella direzione della rabbia, ma piuttosto del gioco, consente di lavorare sul lasciare andare i pesi emotivi e le fatiche quotidiane cercando sempre un orizzonte di piacere e comodità e la possibilità di esprimersi, senza spaventare i neonati.

Tante volte i bimbi piccoli partecipano con gorgheggi o suoni e in quei momenti mi sono sembrati non solo protagonisti, ma addirittura maestri all’interno della classe… Il bambino naturale che noi tutti andiamo cercando nelle classi di esercizi, l’espressività del suono naturale preverbale… prima dell’arrivo delle difese e delle inibizioni che spesso rendono agli adulti imbarazzante esprimersi con i suoni.

La vibrazione della voce inoltre aiuta anche nella direzione dell’apertura della gola e del bacino, due aree in cui è importante lavorare nel periodo perinatale. Propongo anche esercizi specifici per il pavimento pelvico e per il perineo.

Infine la classe di esercizi è anche un piccolo gruppo di mamme che può essere un nucleo affettivo di sostegno. Il cerchio delle mamme e dei bebè nati e nascituri.

Non sentirsi sole è un elemento di grande sostegno. A livello corporeo sono benvenuti quindi anche gli esercizi riproducano il contatto fra i membri del gruppo ed il cerchio. Proposte semplici per esempio anche prendersi per mano a conclusione dell’esperienza includendo anche i bambini nel contatto.

Concludo esprimendo  il mio senso di gratitudine verso le mamme e i bambini che hanno partecipato e che partecipano a queste proposte. Come conduttrice ho il piacere di prendermi cura delle mamme, di essere un po’ mamma del cerchio delle mamme e dei bambini e in questo campo energetico rivivo la pienezza della mia prima gravidanza.