Con grande piacere pubblichiamo l’articolo di Piero Rolando uscito sull’ultimo numero della rivista Corpo & identità, insieme alla raccomandazione di Margherita Giustiniani, Senior Trainer Siab

 

Desidero segnalare a tutti i componenti e soci della SIAB la bellezza e profondità dell’articolo “Il modello bioenergetico loweniano – una rivisitazione critica” del nostro direttore didattico Piero Rolando, apparso sul n.1-2020 della rivista “Corpo e identità”.

Mi sono entusiasmata nel leggere tutte le considerazioni fatte sul modello bioenergetico loweniano, sulla carica ed eccitazione, sull’ansia inconsapevole nel processo terapeutico, tutto quanto esaminato, coordinato ed espresso in modo esemplare. Ringrazio di cuore e di mente Piero Rolando ed invito tutti a leggere e a meditare il suddetto articolo se non l’avete ancora già fatto.

Cari saluti,

Margherita Giustiniani

 

 

Riassunto

L’autore segue la trama dell’elaborazione del concetto di energia sviluppato da Lowen nella differenziazione da quello reichiano. Descrive il modello bioenergetico loweniano ed il modo in cui il concetto di energia viene declinato in accordo con la fisiologia, coinvolgendo la spiegazione energetica dell’ansia ed evidenziando la distinzione tra carica ed eccitazione.

 

Summary

The author follows the story of the elaboration of the energy concept developed by Lowen in differentiation from the Reichian one. He describes the Lowenian bioenergetic model and the declination of the energy’s concept in accordance with physiology, involving the energetic explanation of anxiety and highlighting the distinction between charge and excitement.

 

Parole chiave

Energia, modello bioenergetico, ansia, carica, scarica, eccitazione.

 

Key words

Energy, bioenergetic model, anxiety, charge, discharge, excitement.

 

Introduzione

Il concetto di energia è parte costitutiva del nucleo identitario dell’analisi bioenergetica. Insieme con il principio di identità e antitesi di mente e corpo (identità funzionale), lo studio del linguaggio espressivo del corpo, l’analisi del carattere e il concetto di grounding, costituisce un elemento centrale del contributo di conoscenza che Lowen ha consegnato alla comunità psicoterapeutica. Storicamente è stato esposto ad alcune critiche ma anche molto amato come fonte di anelito al cambiamento.

La parte preponderante delle critiche nasce dall’identificazione del concetto loweniano di energia con quello reichiano di energia orgonica. La concezione energetica loweniana viene respinta in ragione della propria origine, sulla base dell’inammissibilità dell’esistenza dell’energia orgonica nell’ambito della conoscenza scientifica contemporanea. Queste critiche non colgono nel segno. Vedremo come Lowen abbia tentato di risolvere il problema evitando di proseguire nel percorso tracciato da Reich, rivolto all’orgonomia, per sviluppare una propria teoria bioenergetica radicata nella fisiologia.

 

Differenziazione dalla concezione energetica reichiana

Lowen si confrontò con le concezioni energetiche prevalenti all’epoca guidato dal proposito di evitare sia il meccanicismo che il misticismo.

Seguiamo il filo conduttore del suo pensiero in alcuni passi tratti dal volume Bioenergetica:

«Come ho già sottolineato, la bioenergetica è lo studio della personalità umana dal punto di vista dei processi energetici del corpo. Questo termine viene impiegato anche in biochimica per definire un settore di ricerca che si occupa dei processi energetici a livello molecolare e submolecolare» (Lowen, 2007, p. 37).

Il testo prosegue con la menzione delle diverse ipotesi sulla natura dell’energia biologica: l’elettromagnetismo della fisica, le teorie della medicina orientale sui meridiani e, infine, la visione di Reich: «Reich postulò l’esistenza di un’energia cosmica di base, che chiamò orgone, la cui natura non era elettrica» (Lowen, 2007, p. 37).

L’energia orgonica descritta da Reich può essere compresa come una matrice da cui derivano le forme di energia studiate dalla fisica (potenziale, cinetica, termica, meccanica, chimica, elettromagnetica, gravitazionale, nucleare, luminosa, eolica, eccetera). Non la esamineremo, il punto che ci interessa qui è che Lowen non sposò la teoria orgonomica: «Non ritengo che ai fini di questo studio sia importante determinare che cosa sia in realtà l’energia della vita. Tutti questi punti di vista [elettromagnetismo, teoria dei meridiani, orgonomia] hanno una loro parte di validità e confesso di non riuscire a conciliarne le differenze. Possiamo però accettare la proposizione fondamentale secondo cui l’energia è implicata in tutti i processi della vita – nel movimento, nel sentire e nel pensare» (Lowen, 2007, p. 37, ho aggiunto io le parole tra parentesi quadre).

Dunque Lowen si propose di concepire la bioenergetica senza ricorrere all’orgonomia e rinunciando a spiegare l’“energia della vita”. Questo proposito comportò una rielaborazione del concetto reichiano di energia.

In sostanza si trattava di salvare la teoria psicodinamica reichiana, ridefinendo la visione energetica su cui poggiava, in una forma compatibile con la cultura scientifica dell’epoca.

 

Il concetto loweniano di energia

Il tentativo loweniano di rielaborazione del concetto di energia reichiano è orientato al radicamento delle proprie tesi nella fisiologia.

Riporto una definizione celebre, citata spessissimo: «La bioenergetica è un modo di comprendere la personalità in termini dei suoi processi energetici. Questi processi, cioè la produzione di energia attraverso la respirazione e il metabolismo e la scarica di energia nel movimento, sono le funzioni basilari della vita» (Lowen, 1979, p. 13).

Qui troviamo due tesi. La prima consiste in una specificazione della concezione dell’identità di mente e corpo: comprendere i processi energetici (corpo) è un modo di comprendere la personalità (mente).

La seconda tesi contiene la definizione loweniana dei processi energetici: “produzione di energia attraverso la respirazione e il metabolismo” e “scarica di energia nel movimento”. Se consideriamo la “scarica” come consumo o dispendio ci troviamo inequivocabilmente di fronte ad un’accezione fisiologica del concetto di energia. Il fatto che questa equivalenza sia solo parzialmente valida, perché in bioenergetica la scarica non coincide con il consumo, non la vanifica ma ne delimita il campo di validità.

La definizione citata, che percorre sia implicitamente che esplicitamente tutta l’opera di Lowen, apre la prospettiva del rapporto tra i processi energetici e la personalità come studio del movimento, del respiro, del metabolismo e degli stati energetici dell’organismo, nelle corrispondenze tra la dimensione fisica e quella psichica.

Il movimento che costituisce oggetto di studio della bioenergetica però non coincide con la successione degli atti motori che compongono l’azione. Scarica e consumo sono equivalenti come lavoro muscolare, ma lo specifico oggetto di studio della bioenergetica è il movimento espressivo. Le modalità degli atti che comunicano il senso del movimento ed il suo significato relazionale, la motilità inconsapevole da cui traspare lo stato d’animo dell’attore, l’espressione delle emozioni come processo di ristrutturazione delle motivazioni, tutte quelle qualità del movimento che costituiscono l’espressione di sé nel mondo.

Il frutto di questo studio fornisce al clinico una comprensione del rapporto tra la dimensione psichica e quella corporea del carattere, descrive le corrispondenze tra specifici insiemi di meccanismi psicologici di difesa e specifiche configurazioni di tensioni muscolari croniche che limitano il respiro, la percezione di sé e l’espressione emozionale. Queste configurazioni definiscono i tipi caratteriali. Nella prospettiva bioenergetica si osserva che alle autolimitazioni del movimento espressivo corrispondono limitazione del respiro che riducono l’intensità del metabolismo e perciò la produzione di energia. Ne deriva che una respirazione ampia dovrebbe restituire una piena vitalità alla persona, attivando le risorse autoriparative.

Questa è stata la prospettiva del lavoro loweniano di ridefinizione del concetto di energia, una prospettiva che però ha implicato una contraddizione nella concezione dei blocchi muscolari come contenitori di energia legata.

 

Un problema di coerenza risolto da Lowen

Proprio nella trama dei nessi che intercorrono tra respirazione, metabolismo ed energia Lowen ha trovato un problema e di coerenza della teoria e lo ha risolto in modo conforme con la propria ricerca di fondamento scientifico.

La prassi clinica mostra che le esperienze di intensa espressione emozionale, vissute dai pazienti in terapia, sono associate ad un rilascio di rigidità croniche. A conclusione di tali esperienze i pazienti vivono un senso di liberazione e sovente comunicano di sentire più energia nel corpo. Un vissuto che viene confermato da parte dei clinici che, in tali circostanze, notano una maggiore vitalità e una migliore qualità della presenza del paziente. Questo è uno dei luoghi esperienziali frequentati nel percorso della psicoterapia bioenergetica. Sulla base del modello energetico reichiano, per molto tempo si era creduto che la nuova energia fosse quella contenuta nella muscolatura contratta. Reich parlava di energia legata, che diveniva libera attraverso il cedimento della rigidità caratteriale, rigidità sia muscolare che psichica.

Un enunciato di questa tesi si trova in questo brano di Reich, citato da Lowen: «lo scioglimento di un irrigidimento muscolare […] libera energia vegetativa […]» (Reich, 1975, p.308, citato in Lowen, 1987, p.18).

Riproduco un brano che Lowen ha scritto in un testo mai pubblicato, che ha circolato tra i colleghi negli anni ‘90 e ormai introvabile, dal titolo Alcune riflessioni sui processi energetici nell’organismo: «se si adotta il concetto fisiologico di energia, non può essere così. Infatti i muscoli bloccati nella rigidità hanno bisogno di energia per decontrarsi. Le tipiche contrazioni croniche della corazza caratteriale non contengono energia, il mantenimento della contrazione non richiede lavoro, al contrario occorre lavoro, dunque dispendio energetico, per rilasciarle. Da dove viene allora la nuova energia? Da una intensificazione dell’attività metabolica, conseguente ad un aumento della respirazione. L’aumento della respirazione con il conseguente intensificarsi dell’attività metabolica e la maggior produzione di energia, devono precedere il rilascio della tensione».

In seguito Lowen non torna sul problema, ha interiorizzato la tesi. Un’esplicitazione successiva si trova in La spiritualità del corpo: «Quando un muscolo si contrae, compie un lavoro che consuma energia. Ma nello stato di contrazione non riesce più a compiere un altro lavoro [in quanto non ha abbastanza energia]; perché si distenda e possa entrare nuovamente in azione, occorre che le sue cellule producano energia. A sua volta ciò comporta l’introduzione di ossigeno e l’eliminazione dell’acido lattico» (Lowen, 1991, p.34, ho aggiunto io la frase tra parentesi quadre).

Fin qui abbiamo visto che, se manteniamo la visione energetica propria della fisiologia, dobbiamo considerare l’energia percepita dal paziente dopo un’esperienza di rilascio emozionale come energia introdotta con una intensificazione del metabolismo derivante da un approfondimento del respiro, non come liberazione dell’energia trattenuta nella contrazione muscolare cronica. Dunque, nel senso qui specificato, il blocco muscolare non è un blocco energetico contenente energia legata, invece è un blocco energetico poiché la contrazione muscolare cronica, limitando l’ampliamento e l’approfondimento del respiro, ostacola l’intensificazione del metabolismo.

Se ne potrebbe dedurre, in modo superficiale, che sia possibile ottenere lo sblocco energetico semplicemente aumentando il respiro. Nella realtà clinica tuttavia, in apparente contrasto con quanto affermato, si incontrano frequentemente situazioni in cui c’è un “aumento della respirazione” senza che il fenomeno generi l’esperienza interiore di liberazione e di aumento di energia. Ho volutamente parlato di “aumento della respirazione” per distinguerlo dall’approfondimento del respiro, infatti le situazioni menzionate ricorrono negli stati d’ansia, in cui c’è un aumento della respirazione cui non corrisponde un approfondimento del respiro.

Per chiarire l’argomento nelle sue implicazioni bioenergetiche, occorre collocarlo all’interno della cornice teorica originaria in cui trova il proprio senso: il modello bioenergetico loweniano. Qui per “modello” intendo soltanto una descrizione sintetica di un insieme di fenomeni e della dinamica dei rapporti che intercorrono tra loro, formulata in modo tale da trovare una corrispondenza significativa con la realtà, nel nostro caso con la realtà clinica.

 

Il modello bioenergetico loweniano

Il nucleo del modello bioenergetico loweniano consiste nella tesi che l’individuo produce più energia di quanta ne occorra per la propria sussistenza e che questo eccesso di energia debba essere scaricato per non diventare disturbante.

Separiamo le due tesi per analizzarle. Non vi sono dubbi che l’individuo produca più energia di quanta ne occorre per la propria sopravvivenza. Se vogliamo riferirci alla scienza, cioè alla misurabilità e alla misura, occorre parlare di energia potenziale: l’individuo dispone di più energia potenziale di quanta ne occorra per la propria sopravvivenza, perciò può effettuare più lavoro di quanto ne occorra per sopravvivere, come infatti accade. Questo conferma la prima tesi.

La seconda tesi viene enunciata da Lowen in questi termini: «L’eccitazione o energia non scaricata diviene una forza disturbante nell’ambito del corpo» (Lowen, 1980, p.218). Una tesi ereditata da Reich che nel 1927 «pubblicò uno studio significativo, La funzione dell’orgasmo, nel quale formulò la teoria secondo la quale l’orgasmo ha la funzione di scaricare l’energia in eccesso dell’organismo. Se tale energia non può scaricarsi affatto, o non sufficientemente, si sviluppa l’angoscia» (Lowen, 1987, p.17).

L’angoscia giocava un ruolo centrale nel pensiero reichiano del periodo in cui Reich lavorava allo sviluppo dell’analisi del carattere. All’epoca la sessualità e l’angoscia erano argomenti centrali nella riflessione psicoanalitica. Per Reich «l’ansia era una trasformazione della sessualità

bloccata e impossibilitata nella sua libera espressione» (Sacco e Sperini, 1990, p.47).

Se la repressione sessuale era la causa dell’angoscia e della nevrosi, la liberazione sessuale avrebbe dovuto essere il rimedio.

In questa prospettiva la guarigione veniva garantita dalla potenza orgastica. Il concetto di potenza orgastica è stato incompreso e travisato. Si tratta della capacità di abbandonarsi ai movimenti spontanei del bacino e di tutto il resto del corpo durante l’orgasmo sessuale. Secondo Reich, se questi clonismi ritmici ondulatori non vengono ostacolati da trattenimenti autorepressivi, scaricano tutta l’energia in eccesso, proprio quell’eccedenza che, se non viene scaricata, alimenta il conflitto nevrotico.

Dunque, per Reich, chi otteneva la potenza orgastica era libero dalla nevrosi. Nel corso della terapia egli perseguiva la potenza orgastica mediante l’ottenimento del riflesso dell’orgasmo, che è un movimento spontaneo del corpo che deriva dall’onda di espansione e contrazione della respirazione profonda che si sviluppa in un organismo libero dai trattenimenti della corazza caratteriale, in un corpo libero dalle contrazioni muscolari croniche.

A questo proposito, nella propria pratica clinica, Lowen incontrò ben presto un problema: «Il riflesso dell’orgasmo nel contesto terapeutico non garantisce che il soggetto sarà orgasticamente potente durante l’atto sessuale. Le due situazioni differiscono grandemente. L’intensità emozionale, o carica energetica, in una relazione sessuale è di gran lunga più grande di quando si è con un terapeuta che è una figura di sostegno. Cosicché ci si può arrendere al corpo nell’ambito del contesto terapeutico, ma impaurirsi quando ci si trova nella situazione più carica del rapporto sessuale. La potenza orgastica come la intendeva Reich rimane un criterio valido di salute emozionale ma quasi nessuno è orgasticamente potente nella nostra cultura» (Lowen, 2013, p.27).

Questa comprensione orientò Lowen a rivolgere il maggiore impegno nel lavoro con le emozioni, infatti l’analisi bioenergetica, come psicoterapia, trova ancora oggi nel lavoro con le emozioni il fulcro del processo terapeutico.

La nuova prospettiva non cambiava però il modello originario. Anche l’espressione delle emozioni soggiace alle stesse regole energetiche della scarica completa o parziale.

Per completezza devo fare una breve digressione. Occorre ricordare che l’energia in eccesso per Lowen non si scarica soltanto con l’orgasmo o con un processo liberatorio di espressione delle emozioni: «I fisici definiscono l’energia come la capacità di compiere un lavoro e la misurano con il lavoro svolto. Il lavoro da svolgere nel processo vitale, però, non è di tipo meccanico. L’energia della vita viene usata per la crescita, per la riproduzione, per l’eccitabilità e per la capacità di rispondere emotivamente» (Lowen, 1980, p.70).

Qui Lowen si riferisce alla crescita organismica in età evolutiva ma altrove include la crescita psicologica in età adulta.

«Nel periodo dello sviluppo un bambino assume più energia di quanta ne scarica, e quella in sovrappiù la impiega per crescere. Lo stesso vale per la convalescenza e per la crescita della personalità» (Lowen, 2007, p.40).

Perciò possiamo dire che, in età adulta, l’energia in eccesso si può scaricare con l’orgasmo, la scarica emozionale e la crescita della personalità.

Ritornando al nostro discorso sull’ansia, troviamo che anche nel caso delle emozioni la mancata scarica genera ansia: «quando il livello di scarica è inadeguato il primo risultato è la produzione di ansia. A volte questo accade in terapia quando, in conseguenza della respirazione più profonda, l’energia o eccitazione dell’organismo cresce e l’individuo non la può scaricare in una manifestazione emotiva a causa dell’inibizione dell’autoespressione. Il soggetto diventa nervoso, si sente a disagio: questo stato scompare non appena riesce a scaricarsi efficacemente nel pianto o nella collera» (Lowen, 2007, p.113).

Oggi sull’ansia abbiamo conoscenze maggiori di quelle dell’epoca in cui Lowen ha sviluppato il suo modello. Sono stati identificati diversi circuiti cerebrali implicati nell’attivazione e nella modulazione dell’ansia, alcuni comportano una valutazione consapevole degli stimoli (“via lunga” o “alta”: talamo, corteccia, amigdala), altri escludono la coscienza (“via breve” o “bassa”: talamo, amigdala). In ogni caso l’attivazione avviene in risposta a stimoli esterni o interni. Indipendentemente dalle vie di attivazione, le vie efferenti del circuito ansia-paura innescano una risposta autonomica che coinvolge il sistema simpatico e parasimpatico. L’attivazione simpatica, mediata dalla stimolazione dell’ipotalamo da parte di amigdala e locus coeruleus, determina un aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, sudorazione, piloerezione e dilatazione pupillare, cioè i sintomi tipici di un accesso d’ansia.

Tale attivazione ortosimpatica, che prepara l’organismo ad un’attività di attacco o fuga, consuma molta energia. Dunque, nello stato ansioso, l’eccitazione aumenta ma l’energia, il potenziale energetico dell’organismo, diminuisce. Il metabolismo è intenso mentre il respiro non è profondo. Per spiegare l’ansia all’interno del modello bioenergetico mantenendo il riferimento fisiologico del concetto di energia dobbiamo chiarire la differenza tra aumento ed approfondimento del respiro. Quando Lowen parla di profondità del respiro si riferisce all’onda di espansione (nella inspirazione) e contrazione (nella espirazione) che attraversa il corpo nella sua longitudine, cioè dai piedi alla testa e viceversa. L’onda è tanto più continua e armonica tanto meno anelli di tensione incontra lungo il suo percorso ed è tanto più profonda quanto più scende verso il basso (addome, bacino, gambe, piedi). La persona ansiosa respira nella parte alta del corpo, prevalentemente dal diaframma in su, e nei momenti di ansia acuta il respiro accelera, c’è un aumento della frequenza degli atti respiratori nell’unità di tempo, ma la respirazione resta comunque confinata alla parte alta del corpo. Questa è la condizione della dispnea ansiosa o “fame d’aria”.

Se negli stati di ansia c’è un’intensificazione del metabolismo senza approfondimento del respiro, allora possiamo parlare di stati caratterizzati da intensa attivazione o eccitazione e scarso radicamento. Questo è un fenomeno ben noto a Lowen. Il brano che ho citato precedentemente sul rapporto tra energia e contrazione muscolare, in cui Lowen spiega che per sciogliere le contrazioni croniche occorre energia, introduce la spiegazione dei fenomeni di iperattività in stati di bassa energia, di agitazione congiunta con la stanchezza.

«Quando l’individuo è sovraffaticato, e la sua energia è bassa, è facile che si ecciti, come un maniaco depressivo la cui ipereccitabilità e iperattività annunciano l’insorgere della depressione. L’esempio più evidente di questo stato di cose è il comportamento agitato e irrequieto del bambino che, malgrado l’enorme stanchezza, non riesce a calmarsi e a dormire. I genitori lo sgridano e giungono anche alle percosse per acquietarlo. Il piccolo allora reagisce scoppiando in singhiozzi e i genitori reagiscono a loro volta prendendolo in braccio e acquietandolo. Dopo un bel pianto il bambino si addormenta. Il pianto ha l’effetto di rendere più profonda la respirazione che produce l’energia necessaria a rilassarlo» (Lowen, 1991, pp.34-35).

Con queste premesse possiamo evidenziare una distinzione fondamentale in analisi bioenergetica, la distinzione tra carica ed eccitazione, che spiega gli stati di alto livello di eccitazione associati ad un basso livello energetico.

 

Carica ed eccitazione

Un altro parametro clinico essenziale per la comprensione della condizione eccitata ma scarica è la distribuzione ematica. Gli stati d’ansia sono caratterizzati da una scarsa irrorazione sanguigna periferica. Invece gli stati energetici dell’organismo in cui convergono alta eccitazione e respirazione profonda, sono quelli in cui la circolazione periferica è attiva e si può parlare propriamente di stato carico. Questo non è possibile se il grounding è inadeguato per il nesso diretto che collega grounding e profondità del respiro. L’equivalenza tra energia e sangue compare in modo ricorrente negli esempi di lettura del corpo che Lowen ci ha tramandato attraverso i suoi testi. Anche questo elemento di osservazione clinica mantiene un riferimento primario alla fisiologia per spiegare i processi energetici.

«Nel corpo umano le principali zone di contatto con il mondo esterno sono sei: il viso, con i suoi organi sensoriali; le mani; l’apparato genitale; i piedi», oltre alla pelle ed al seno delle donne (Lowen, 2007, p.121). Quando queste zone sono irrorate di sangue, al tatto risultano calde e questa è una condizione bioenergetica propriamente carica. Il carattere rigido è la struttura carica per antonomasia (Lowen, 2007, p.146). Nella prospettiva che stiamo esplorando, ciò che lo contraddistingue è che il flusso di energia raggiunge in modo relativamente costante i punti di contatto con l’esterno, di espansione dell’organismo verso il mondo. Quando le estremità sono fredde ci troviamo nel polo energetico opposto. Il ritiro del sangue dalla periferia al centro del corpo è un ritiro energetico permanente nel caso del carattere schizoide e temporaneo negli stati d’ansia in generale.

Queste sono due condizioni che si pongono agli estremi nel continuum degli stati carichi/scarichi nei loro intrecci con gli stati eccitati/depressi.

 

L’ansia inconsapevole nel processo terapeutico

La differenza tra carica ed eccitazione spiega molti fenomeni clinici. In primo luogo spiega i casi in cui l’espressione emozionale non è liberatoria. Non lo è in quanto si presenta intrecciata con l’ansia, come nei casi di pazienti che inconsapevolmente offrono prestazioni emozionali forzate, rivolte a compiacere il terapeuta, cioè a gratificare l’immagine interiore delle aspettative narcisistiche genitoriali proiettate sul terapeuta o le proprie fantasie esibizioniste.

Un’altra classe di casi in cui incontriamo l’intreccio dell’ansia con l’aumento dell’eccitazione sono quelli legati al trauma, che oggi assumono un’importanza crescente, sia come tema emergente nella comunità psicoterapeutica che come frequenza psicoepidemica. La differenza tra carica ed eccitazione evidenzia il pericolo della ritraumatizzazione nel lavoro con il corpo, un rischio elevato nel caso dei pazienti che hanno subito traumi, esposti all’iper-eccitamento e all’ipo-eccitamento.

«Dunque, traumi relazionali subiti nelle prime fasi di vita, riattivati dalla messa in atto del transfert-controtransfert, si manifestano in un ipereccitamento disregolato autonomo, associato ad affettività a dominante simpatica (terror panico, rabbia e dolore) e aumento del ritmo cardiaco (tachicardia), oppure si manifestano in un ipoeccitamento disregolato autonomo, con affettività a dominante parasimpatica (vergogna, disgusto e disperazione assoluta) e rallentamento del ritmo cardiaco (bradicardia)» (Schore, 2016, p.123).

Nel lavoro di Schore da cui ho tratto la citazione, l’articolata trattazione della corrispondenza tra l’energia dell’organismo (corpo) ed il funzionamento mentale ci consente di ricavare la tabella 1.

 

Tabella 1 – stati del sé implicito derivanti dalla riattivazione di memorie traumatiche

Il concetto di energia (prima colonna, prima riga) utilizzato da Schore nella tabella è quello scientifico contemporaneo e sta per dispendio energetico e dissipazione di energia. Si evidenzia che per un confronto con il modello bioenergetico occorre una traduzione relativamente alle informazioni correlate nella seconda colonna. Infatti, mentre l’insieme degli elementi della terza colonna trova una corrispondenza biunivoca con la condizione bioenergetica del “ritiro energetico”, per la seconda colonna ci sono incongruenze, che passo ad illustrare.

Terza colonna: lo stato di energia bassa coincide con la condizione di dissociazione psichica (tipica del carattere schizoide) associata ad una respirazione limitata alla metà superiore del corpo, ad una vasocostrizione periferica e ad un basso livello di eccitazione, in conformità con il modello bioenergetico.

Seconda colonna: lo stato di energia alta descritto da questa visione, incentrata sul funzionamento dei rami del sistema nervoso autonomo, non corrisponde allo stato di alta carica energetica del modello bioenergetico loweniano. Corrisponde invece allo stato di alto livello di eccitazione e basso livello energetico di cui abbiamo parlato a proposito della condizione ansiosa. Lo stato di energia alta del modello bioenergetico loweniano, che ho descritto nel paragrafo Carica ed eccitazione, è invece associato ad una regolazione ottimale della reattività fisiologica, ad una modulata espressione di sé (o esplicitazione del sé implicito), ad un equilibrio dell’attenzione che fluttua tra esterno ed interno in modo temperato, ed è associato ad una respirazione profonda e ad una circolazione periferica attiva, in sintesi è uno stato in cui coincidono elevata vitalità e coerenza interna.

 

Conclusioni

Nel seguire il percorso loweniano di elaborazione del modello bioenergetico abbiamo evidenziato il lavoro di riformulazione del concetto di energia in maniera indipendente dal modello reichiano ed in conformità con la fisiologia. Abbiamo visto che il modello bioenergetico teorizza l’equivalenza tra ansia ed eccesso di energia e che una spiegazione dell’ansia che sia coerente con il fondamento fisiologico del concetto di energia si trova con la specificazione della differenza tra stato energeticamente carico e stato eccitato ma energeticamente scarico.

Quanto scritto costituisce una trattazione parziale dell’argomento. Manca soprattutto la considerazione del “lato soggettivo” della percezione dell’energia, che è un’esperienza interiore. Una spiegazione scientifica dei processi energetici che si riscontrano nella situazione clinica è attualmente possibile grazie alle acquisizioni delle neuroscienze. Accanto a questa, noi analisti bioenergetici dovremmo sviluppare una fenomenologia dei vissuti che appartengono alla dimensione soggettiva, al sentire l’energia.

 

Bibliografia

 

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Lowen A. (1990). La Spiritualità del Corpo. Roma: Astrolabio – Ubaldini, 1991.

Reich W. (1927). La funzione dell’orgasmo. Milano: SugarCo, 1975.

Sacco G., Sperini M. (1990). L’orgonomia di Wilhelm Reich. Roma: Melusina, 1990.

Schore A. N. (2012). La Scienza e l’Arte della Psicoterapia. ©Istituto di Scienze Cognitive Editore, 2016.