Il tema dell’adolescenza, che mi ha sempre appassionato, è oggi di grande attualità, forse, perché è la stessa società occidentale attuale a mostrare forti tratti adolescenziali, a cominciare dalla crisi d’identità del soggetto occidentale, manifestatasi in modo diffuso con la fine della seconda guerra mondiale e con il processo di decolonizzazione che ne è seguito. Tale crisi rende particolarmente difficile ai giovani compiere il passaggio verso l’età adulta. Inoltre, si può dire che anche il modello di adultità sia entrato in crisi, a partire dagli anni ’60-’70, quelli della stagione della contestazione giovanile e femminista, e da allora continua ad esserlo cosicché tocca a ogni individuo inventarsi un modo di essere adulti. Per esempio, nella mia pratica clinica, è uno dei temi centrali, sia per i giovani che per coloro che anagraficamente sono nell’età adulta. In rapporto a ciò, tengo conto di come Lowen dedichi molta attenzione, in particolare, ai vissuti collegati alla percezione della schiena e della spina dorsale in relazione alla costruzione e allo sviluppo dell’identità adulta.
Nella cornice storico-culturale occidentale attuale anche il modo di guardare all’adolescenza è in trasformazione: sguardo in trasformazione sulla fase di trasformazione per eccellenza, una bella giostra! D’altra parte, a mio avviso, considerare, ad esempio, l’adolescenza sia come fase della vita che come parte della personalità, come ci invita a fare il collega canadese Didier Royer, del quale ho tradotto due articoli per la nostra rivista, ci fornisce un fecondo punto di osservazione. Tornerò su questo punto più avanti.
Vediamo, dunque, come sta cambiando il modo di guardare all’adolescenza partendo dalla galassia psicoanalitica. Dunque, l’adolescenza non viene più considerata una ricapitolazione dell’infanzia, ma una fase formativa con sue caratteristiche e compiti specifici. Le caratteristiche specifiche sono date dalle globali e complesse trasformazioni corporeo-cerebrali che influenzano la percezione e l’immagine corporea, dal potenziamento delle pulsioni aggressive e sessuali, dallo sviluppo del pensiero astratto con irruzione delle domande esistenziali sul senso della vita, sulla morte, sul tempo, ecc. Non a caso, l’adolescenza viene definita l’età filosofica. I teschi sulle magliette, sugli accessori e nei tatuaggi esibiti dagli adolescenti ne sono l’emblema più evidente. I compiti sono collegati alla gestione delle trasformazioni suddette e culminano nella costruzione dell’identità psicosociale.
La costruzione dell’identità psicosociale viene considerata una vera e propria ‘seconda nascita’. Si tratta dell’insieme di azioni psicologiche, supportate dalla maturazione del pensiero, che conducono alla creazione di uno spazio psichico atto a permettere la differenziazione con l’esterno, insieme alla capacità di simbolizzare l’esperienza. Tutto ciò, ovviamente, all’interno del contesto sociale e culturale di riferimento. Questo processo coinvolge potentemente l’area narcisistica della personalità, proprio in quanto comprende l’entrata in scena del giovane come partecipante al grande gioco della vita.
Il corpo adolescente è il teatro sia dell’incertezza e dell’inquietudine che della passione di vivere. E’ il teatro in cui si svolge il dramma della ferita narcisistica nel modo più drammatico e, insieme, indispensabile alla crescita, teatro in cui spadroneggiano lo sguardo dei coetanei, anche grazie a social media, e l’attuale estetizzazione della società neoliberista, che fa dell’identità, collegata all’immagine, la merce fondamentale. Il modo in cui vengono vissute l’incertezza e l’inquietudine connesse alla trasformazione diventeranno modello per tutte le situazioni critiche in cui, in particolare, il corpo è fonte di spaesamento: gravidanza, malattie, incidenti, invecchiamento.
E’ a questo punto del discorso che occorre porre attenzione all’altro concetto che ho inserito nel titolo insieme a quello di ‘crisi d’identità’: il concetto di ‘passione di vivere’. Durante l’adolescenza, emerge la capacità di appassionarsi alla vita, agli ideali, ai valori, e d’innamorarsi fino all’estasi, capacità che ci accompagnerà per tutta l’esistenza e ci aiuterà a darle senso. Le nozioni di crisi e di passione si collegano perché per affrontare le crisi occorre fare appello alla capacità di appassionarci alla vita.
La passione si manifesta come mix della maturazione sessuale e della maturazione cognitiva. Non a caso, Lowen pone come ancoraggi dell’energia vitale il perineo, la base del pavimento pelvico, e la glabella, la zona tra gli occhi, dietro la quale si trova la corteccia prefrontale. Il fluire dell’energia vitale tra questi due ancoraggi costituisce, secondo Lowen, la base del funzionamento dell’Io adulto, la cui caratteristica fondamentale, sempre a suo avviso, si manifesta nella capacità di gestire il rapporto tra le polarità psicocorporee a tutti i livelli, a partire dai due aspetti dell’energia: l’aggressività e la tenerezza. A livello cognitivo, la mentalizzazione relativa alle polarità prende il nome di ‘pensiero funzionale’ sia in Reich che in Lowen.
L’adolescenza, infatti, è un periodo di particolare ebollizione delle polarità psicocorporee, a partire da quelle energetiche, come abbiamo detto, che si collegano, a loro volta, strettamente alla polarità esistenziale di base, quella tra il bisogno di sicurezza, e di punti di riferimento, e il bisogno di eccitazione e di novità. La bussola per il lavoro con le polarità è il grounding, lo sviluppo del rapporto tra il sostegno della terra e della forza di gravità e la respirazione. L’adolescenza è fondamentale proprio per lo sviluppo dell’arte di vivere, in quanto capacità di mettere in dialogo gli opposti dentro e fuori di noi, compreso lo sviluppo della capacità di mediazione e di negoziazione basate sull’elaborazione di un’aggressività costruttiva e di una tenerezza vitale.
Infatti, sulla scia del ‘movimento di riscoperta del corpo’, iniziato tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, Lowen ridefinisce l’aggressività a partire dall’etimologia latina come capacità di ‘muoversi verso’, e ne collega il vissuto all’apparato muscolo-scheletrico e alla schiena, mentre il vissuto della tenerezza lo collega alla visceralità e alla parte frontale del corpo. Per Lowen, la deriva distruttiva dell’aggressività è prodotta dalla sua scissione dalla tenerezza. A suo avviso, i due aspetti della vitalità si esprimono al meglio quando si modulano reciprocamente. In particolare, l’aggressività va indirizzata a dare protezione e contenimento all’aspetto tenero-viscerale che così può esprimere empatia e costruire e legami affettivi.
Veniamo, ora, all’acquisizione della figura dell’”adolescente interiore”. Tale nozione è nata in continuità con quella di “bambino interiore”, ormai entrata da tempo nel lessico psicoterapeutico. Dunque, accanto al “bambino interiore”, come parte della personalità che custodisce le esperienze, le ferite e le risorse dell’infanzia, si sta prendendo in considerazione la figura dell’”adolescente interiore” come parte della personalità che custodisce le esperienze, le ferite e le risorse dell’adolescenza. L’attenzione all’adolescente interiore appare utile sia nella terapia con gli adulti che come fattore per mettersi in rapporto con gli adolescenti da parte non solo degli psicoterapeuti, ma anche dei genitori, degli insegnanti e di tutti gli adulti che hanno il compito di accompagnare i giovani a immaginare il futuro, loro personale e della nostra società.
Concludo con la spiegazione della scelta delle figure di Dioniso e Arianna, scolpite da Francesco Carradori nel 1776, che ho posto insieme al titolo di questo mio contributo. Si tratta di due “personaggi concettuali” legati all’immagine del labirinto, in particolare, quello di Creta. Partiamo dal labirinto. Si tratta di un’immagine calzante per rappresentare il vissuto adolescenziale, sia perché richiama i riti di iniziazione che tutte le culture tradizionali conoscono per sancire il passaggio dall’infanzia all’età adulta, e che i nostri adolescenti sembrano riproporre in modo improvvisato con i loro atti di messa a rischio di sé stessi, con gli attacchi al corpo, le iscrizioni sulla pelle, ecc.; sia perché può ben simbolizzare l’entrata in una condizione di transizione rischiosa in cui sono messe in gioco sia l’intelligenza che la spinta vitale. In particolare, l’immagine del labirinto è stata accostata allo sviluppo del pensiero astratto con le sue innumerevoli possibilità di scelta.
Per quello che riguarda i due “personaggi concettuali”, Dioniso rappresenta il dio di tutte le contraddizioni e Arianna è anche vista come la “Signora del Labirinto”, infatti, fornisce a Teseo il filo per uscirne. Vengono ritratti insieme perché costituiscono una coppia mitica. In particolare, Arianna è collegata anche a una forma particolare di intelligenza, che i Greci chiamavano “Metis”, caratterizzata da un incessante andirivieni tra poli opposti, in un movimento di bilanciamento che permette di essere mobili, molteplici, polivalenti come necessita ai naviganti, agli strateghi, agli innamorati e a chi si dedica alla cura – lasciatemi dire! – in particolare degli adolescenti.
Bibliografia
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