Relazione al V convegno della SIPSIC – Bologna 2-6 ottobre 2019

Dott.ssa Livia Agresti

Vorrei condividere con voi il frutto della mia esperienza di oltre 20 anni di lavoro e di insegnamento nell’ambito della psicologia perinatale, gli aspetti clinici, i cambiamenti nel tempo, le esigenze che stanno emergendo. Mi sembra necessario fermarsi a riflettere su quali siano oggi le necessità di interventi precoci e di prevenzione a cui noi, professionisti della salute mentale, siamo chiamati ad intervenire.

È un percorso che va a ritroso dalla mia prima formazione sulla relazione madre padre neonato, attraverso il Massaggio Bioenergetico Dolce e l’Intervento Emotivo Neonatale, per rivolgersi alla gravidanza e alla relazione prenatale, fino alle fasi ancora precedenti legate al desiderio di genitorialità con tutte le ambivalenze e difficoltà che si possono incontrare.

La bioenergetica è stata per me una base sicura su cui poter contare perché particolarmente attenta al linguaggio del corpo, ai suoi movimenti spontanei, spesso bloccati da elementi traumatici o conflittuali, una terapia che favorisce l’aumento di consapevolezza, l’ascolto e il rispetto del sé corporeo. Per queste sue caratteristiche, da me sperimentate ampliamente nella clinica con gli adulti, l’ho ritenuta particolarmente adatta nel lavoro sulla nascita, sulle fasi preverbali dello sviluppo, sulla relazione primaria.  L’inizio della vita ci immerge in una relazione psicocorporea, espressa da una danza di due corpi che spesso entrano in sintonia, a volte la perdono e poi la ritrovano, ma può succedere anche che non la trovino affatto e allora un intervento precoce può prevenire il disagio e favorire un sano sviluppo.

Con una ricerca, portata avanti negli anni insieme a altre colleghe, abbiamo riadattato gli esercizi di bioenergetica alla donna e alle coppie in gravidanza e evidenziato quelle esperienze di espressione corporea e di scioglimento dei blocchi, specifiche e necessarie per prepararsi ad accogliere un figlio. Da qui è nato il libro della dott. Ballardini “da due a tre la relazione che accompagna la vita” Ed. Alpes, 2014. A questo si sono aggiunte altre esperienze e formazioni che hanno dato vita ad un gruppo di lavoro all’interno della Società Italiana di Analisi Bioenergetica che si chiama Aneeb, Area Nascita Età Evolutiva dell’Analisi Bioenergetica, di cui io sono la coordinatrice, un gruppo attivo in vari progetti di Psicologia Perinatale e nella prima infanzia.

I tipi d’interventi proposti oggi sono il risultato dell’esperienza maturata e dei contributi clinici attinenti soprattutto all’approccio derivato dal pensiero di A. Lowen e di W. Reich.

Personalmente ho iniziato a lavorare nel 1998 con il massaggio bioenergetico dolce di Eva Reich, un massaggio che mi ha insegnato Silja Wendelstadt, psicoterapeuta bioenergetica allieva diretta di Eva Reich, che lo ha diffuso in Italia. È un massaggio molto delicato messo a punto negli anni ‘50 per i neonati prematuri.

Già trent’anni prima del boom della moderna ricerca neonatale, Eva Reich aveva non soltanto sviluppato strumenti terapeutici per accompagnare i bambini traumatizzati nel periodo pre-peri-post natale, ma trattato e insegnato temi di grande attualità come il bisogno biologico del “contatto bioenergetico” pelle contro pelle del neonato, del contatto oculare, l’importanza di non separare madre e bambino al momento della nascita, l’importanza della prevenzione prima e dopo la nascita.

Secondo Eva Reich massaggiando con un tocco leggerissimo la pelle del bambino, si stimola l’energia bio-emozionale, la si fa fluire impedendo la formazione di quei blocchi psicocorporei evidenziati dal padre Willem Reich negli adulti, e gli si procurano quelle sensazioni piacevoli, che stanno alla base del suo sviluppo e benessere psico-fisico. Inoltre l’attenzione sensibile e puntuale alla relazione favorisce i processi di un attaccamento sicuro.

Ho saputo che da pochi anni è nata anche un’Associazione Internazionale sullo Studio del Tocco Affettivo IASAT che riunisce dei ricercatori di tutto il mondo impegnati nello studio biologico e psichico del tocco. In particolare è stato scientificamente dimostrato come il tocco sia un sistema di modulazione emotiva molto potente e abbia le sue basi nei primi contatti del periodo neonatale.

È stato studiato un tipo di stimolazione delicata, di carezza proprio come quella del massaggio a farfalla, che stimola delle particolari Fibre neuronali chiamate le fibre C tattili, tali fibre si attivano solo quando la pelle è toccata gentilmente, sono fibre non mielinizzate caratterizzate da una bassa velocità di propagazione dell’impulso nervoso, e che inviano le informazioni direttamente all’insula. Ricordiamo che l’insula ha un ruolo cruciale nella percezione e nella relativa determinazione del nostro comportamento sociale ed emotivo, ha un ruolo chiave nella capacità di riconoscere le emozioni, nell’integrare emozioni e cognizione, nel regolare le enterocezioni, cioè tutte le percezioni viscerali e somatiche.

Il neuro scienziato McClone et al. (2014) ha suggerito l’ “ipotesi del tocco affettivo”: necessario per fornire la segnalazione di un piacevole contatto pelle-a-pelle negli esseri umani, promuovendo in tal modo la relazione interpersonale e il comportamento affiliativo. Tesi già sostenuta da Montagu nel suo testo classico “Il linguaggio della pelle” del 1980 ma prima ancora dai famosi esperimenti di Harlow sulle scimmie del 1958.

In Italia il dott. Montirossi, con il suo gruppo di ricercatori di Lecco, sta studiando questo tipo di contatto nella relazione primaria e nello sviluppo del neonato.

Il massaggio è insegnato alle madri, fatto a loro, e insegnato alla coppia, fatto tra i partner, successivamente i genitori vengono accompagnati nel farlo ai loro piccoli fin dai primi giorni di vita con una particolare attenzione all’osservazione del neonato e alla qualità del contatto e della relazione. Questa prima esperienza di lavoro con la triade subito dopo la nascita mi ha portata verso una modalità di lavoro corporeo molto delicata ma altrettanto potente nella sua capacità di intervento e di trasformazione del benessere di una madre un padre e un neonato.

È un sistema in questa fase molto aperto e disponibile al cambiamento, molto sensibile e fragile, con le difese abbassate, pieno di emozioni vive e forti e con enormi capacità trasformative. È un’occasione unica che la vita offre di cambiamento e ristrutturazione, se saputa cogliere e grazie ai giusti sostegni. La mamma di un bimbo prematuro così mi ha detto dopo solo tre nostri incontri: “ero distrutta, disperata, stravolta, come sempre in questi quasi due mesi, poi ieri mentre lo accarezzavo con il massaggio dolce, per la prima volta Giorgio mi ha guardata..  quel momento lo ricorderò per sempre, tutto si è sciolto, una gioia improvvisa mi è salita dentro, è lui, finalmente l’ho visto e riconosciuto è il mio bambino e io sono la sua mamma”.

Ma il massaggio è solo uno degli strumenti di intervento messi a punto dal modello bioenergetico per intervenire in casi di difficoltà nella relazione primaria. C’è un tipo di intervento breve, importante nei casi cosiddetti di crisi neonatale da me definito Intervento Emotivo Neonatale che si basa su un lavoro di consapevolezza e ascolto corporeo di sé e dell’altro nell’ambito della relazione primaria. È un intervento che deriva soprattutto dal lavoro sistematizzato dal Dott. Thomas Harms, un terapeuta tedesco di formazione Reichiana anche lui formatosi con Silja Wendelstadt nel Massaggio Bioenergetico Dolce.

L’intervento è rivolto a quei casi in cui il sistema è in un forte stato di tensione, come può essere nelle situazioni di pianto frequente e prolungato del neonato, di difficoltà nei ritmi sonno-veglia, di difficoltà nell’alimentazione. Casi in cui si crea un circolo vizioso negativo che rinforza la tensione e il funzionamento disfunzionale portando il sistema a livelli di stress molto elevato, fino al rischio di perdita di contatto con la realtà e con le esigenze proprie del bambino.

Ogni nascita è una provocazione emozionale per i genitori. Da una parte i neonati toccano i cuori dei genitori con la loro grazia e spontaneità. Dall’altra parte i genitori in contatto con i neonati sono confrontati con sentimenti che derivano dalla loro storia evolutiva e affettiva, con tutte le emozioni e memorie implicite che questo comporta.

Quando i genitori possono comprendere alcuni stati di paura, rabbia, impotenza e lutto che i bambini inducono in loro, hanno una possibilità di auto-trasformazione. Se invece rifiutano questi sentimenti e li reprimono, allora possono sorgere una serie di problemi: alzano le proprie difese e perdono il contatto con se e con il bambino, reagiscono con impazienza e tensione alle richieste del lattante, si sentono in allerta e cercano, con il fare, di non sentire. Perdono così il contatto emotivo con il bambino e la capacità di comprendere i suoi messaggi non verbali, innescando una spirale di chiusura e incomprensione.

Considerando che lo sviluppo di una relazione di attaccamento sicuro, parte da una capacità di contatto del caregiver prima di tutto con se stesso e con il proprio sentire psicofisico, in tali situazioni è proprio questa capacità che viene annullata. L’adulto sembra perdere la sua capacità di autoregolazione affettiva e quindi anche di regolazione interattiva degli stati affettivi forti che il neonato porta e che gli suscita. Poter tornare a sentire il proprio grounding e il proprio respiro è un poter tornare in contatto con se stessi e con il proprio mondo interno, solo a partire da questa base l’incontro con l’altro è possibile.

La funzione riflessiva materna e la sua relativa funzione di modulatore emotivo del neonato, è garantita da una percezione consapevole del proprio se corporeo. Durante gli Interventi Emotivi Neonatali con le coppie, dopo un ascolto aperto e attento, cerco e evidenzio prima le risorse che la coppia porta, per poi focalizzarmi sulle emozioni vissute nei momenti di difficoltà. Lo strumento principe è ancora una volta il corpo, il riportare l’attenzione al proprio respiro e a tutte le sensazioni fisiche ed emotive che i genitori provano in quei momenti critici. Ritornare a sé rende consapevoli e permette di sciogliere pian piano i blocchi che l’adulto prova, per poi potersi rivolgere al piccolo con una rinnovata capacità di contatto affettivo e di ascolto.

La comunicazione con il neonato è quasi unicamente corporea, lui conosce solo questo linguaggio, la consapevolezza dei messaggi che passano fra i corpi sarà quindi essenziale per la relazione primaria. Un genitore teso, difeso, che non può sentire il suo dolore, la sua rabbia, il suo senso di impotenza, si difenderà e avrà un corpo irrigidito, un respiro bloccato, uno sguardo spaventato o irritato con cui il neonato è inevitabilmente in contatto, lo sente nelle braccia che lo tengono, nei suoni che gli arrivano, nello sguardo che lo vede e lo rispecchia in un qualche modo.

Con un pronto e precoce intervento le coppie passano da uno stato di tensione e stress acuto, il cui sintomo è l’insostenibile pianto del neonato o la difficoltà nell’allattamento o nel sonno con conseguente senso di fallimento e impotenza, ad uno stato di pace e benessere ritrovato che rinforza il senso di capacità genitoriale entrando in un circolo virtuoso di piacere e soddisfazione.

Questo passaggio è subito evidente a livello corporeo nel neonato che passa da iper eccitato, con tono muscolare elevato o con ipotono eccessivo, che distoglie lo sguardo, piange e si inarca come ad allontanarsi dal contatto, al neonato rilassato, abbandonato nelle braccia di chi lo sostiene, che appoggia pienamente lo sguardo negli occhi dell’adulto.

In questo senso l’Analisi Bioenergetica dà un suo fondamentale contributo sia attraverso l’individuazione precoce delle prime difficoltà di relazione perinatale sia attraverso degli interventi specifici per riportare la consapevolezza corporea degli elementi affettivi che circolano nella relazione e che fluiscono o bloccano la comunicazione e la regolazione emozionale nella triade.

Quella coppia di genitori ha già una storia da raccontare, una storia importante che ha avuto un peso nel definire la relazione che osserviamo dopo la nascita. Mi riferisco a come è stato concepito quel bambino, a partire dal desiderio dei genitori e poi nei nove mesi di attesa fino all’evento più o meno traumatico del parto. Sempre più si riconosce l’importanza della prevenzione, di un’attenzione e un sostegno che arrivino precocemente, che diano la possibilità di elaborazione e ridefinizione di quello che sta succedendo, sia dentro di sé sia nella coppia, in un passaggio di vita e di identità così deflagrante.

Numerosissimi sono ormai gli studi, anche grazie alle raffinate tecnologie, sulla fase prenatale, studi che evidenziano come nello sviluppo del feto siano essenziali gli aspetti della relazione e degli stimoli ricevuti, perché incidono già profondamente nella formazione della sua struttura di base, sia fisica che comportamentale.

Così ho iniziato a seguire le coppie organizzando corsi di accompagnamento alla nascita dove ho scelto di dedicare una parte del lavoro corporeo in modo specifico alle donne e una parte alla coppia, per sottolineare la differenza e la specificità di ognuno, chi porta il bimbo nel ventre e chi gli sta al fianco e li sostiene, entrambi comunque pienamente coinvolti in tutta l’esperienza.

La base è il potersi abbandonare alla saggezza del corpo e all’ascolto della propria storia iscritta a livello implicito e che continua ad operare inconsapevolmente attraverso il nostro modo di muoverci nel mondo. Parlo di tutto il linguaggio cosiddetto non verbale che ci mette in una relazione diretta con l’altro e che è l’unico linguaggio attivo, con il feto, prima e il neonato poi. Proprio durante una gravidanza il corpo è in primo piano con tutti i suoi cambiamenti che procedono in maniera autonoma e a cui bisogna solo lasciarsi andare, imparare ad ascoltarsi, rispettarsi ed accogliere quello che sta inevitabilmente succedendo. Il corpo sa portare avanti una gravidanza, sa partorire in un movimento spontaneo, saggezza frutto di miliardi di anni di storia evolutiva, eredità del nostro essere parte della natura e dell’esigenza fisiologica di perpetuare la specie vivente.

Nel lavoro corporeo le mamme sono accompagnate gradualmente all’ascolto di sé, delle proprie sensazioni, dei cambiamenti fisici ed emotivi, ascoltano il proprio appoggio sulla terra, riconoscono il nuovo assetto corporeo, l’equilibrio che cambia, il bacino che può muoversi flessibile, le tensioni che si accumulano, il respiro che può rallentare ed approfondirsi, il ritmo generale che sta cambiando; distese entrano in uno stato di rilassamento ed ascolto del proprio bambino, si accarezzano la pancia, ascoltano. L’obiettivo non è certo di insegnarle come partorire ma solo riportarle all’ascolto e alla fiducia nel proprio corpo che da secoli sa cosa e come fare.

La donna è da subito immersa in un mondo di intense sensazioni fisiche, sente il suo corpo in continuo cambiamento, poi avvertirà il partner…  e così anche nel corso vengono invitati ad entrare nella stanza i papà. Sono arrivati dopo un’ora, entrano quasi in punta di piedi, cercano con gli occhi la loro compagna che si muove tranquillamente in quello spazio ormai conosciuto, si guardano intorno curiosi delle altre donne con pancioni più o meno evidenti di quello che conoscono, si sono tolti le scarpe e prendono posto sui materassi vicino alla loro compagna e subito un sospiro, ora sono più tranquilli, sono stati visti, riconosciuti, …sì quello è proprio il loro posto.

Si dovrebbe riflettere un po’ di più sulla presenza di un padre che quando non è né escluso né estraneo, ma esterno, svolge cioè la funzione di sostegno al di fuori della simbiosi madre-figlio, dà alla donna la possibilità di vivere pienamente ed in modo sano la regressione necessaria in quel momento e contemporaneamente le offre un argine e un aggancio alla realtà facendo da “contenitore”, a sua volta da “grembo” buono alla madre e al figlio.

Il lavoro con la coppia durante la gravidanza è in gran parte dedicato al passaggio da una relazione a due a una relazione a tre; a come comprendere e sostenere la complessità della relazione che si sta trasformando e quali i ruoli e le funzioni specifiche di ognuno.

C’è una coppia in cui pian piano un terzo fa capolino tra i due, si forma e cresce lentamente destabilizzando i precedenti equilibri, alla ricerca di nuovi che li comprendano. La donna deve passare dalla relazione con il partner alla relazione con il piccolo interno, e poi di nuovo dalla relazione unica ed esclusiva con il piccolo dentro la pancia alla condivisione con il partner, l’uomo deve passare dalla relazione esclusiva con la compagna alla relazione con il piccolo dentro la pancia, ancora vissuto distante dalla propria realtà, per arrivare ad una relazione che comprenda entrambi, senza esclusioni di sorta.

È un percorso fatto da varie tappe e che richiede gradualità. Una è sicuramente costituita dai momenti individuali vissuti rispettivamente dalle due figure, assestamenti nella propria identità in trasformazione, seguita poi dal ritrovarsi nella diversità e pian piano iniziare a condividere insieme l’esperienza.

Ognuno ha un vissuto e un linguaggio a sé. Lo spazio della donna è più immediato, corporeo, che scombussola, stravolge un equilibrio fisico e richiede continui riadattamenti. La strada nella donna sembra compiersi in un passaggio dal corpo alla mente con una continua e costante aderenza al corpo, mentre per l’uomo il cammino sembra inverso, una paternità di pensiero che deve incarnarsi con tempi, modalità e ritmi diversi dalla quelli del femminile.  C’è per ognuno un bimbo nel corpo, reale e un bimbo nella mente, fantasticato, che devono avvicinarsi tra loro fino a coincidere quando ci sarà il momento della nascita.

Occorre favorire il passaggio

dalla  paura-rischio di:

–  esclusione, competizione, conflitto, solitudine, riattivazione dei teatri della propria infanzia.

al desiderio di:

– partecipazione, collaborazione, confronto, sostegno, rielaborazione dei vissuti della propria infanzia.

La difficoltà degli operatori è nel non allearsi mai con l’uno o con l’altro membro della coppia, ma nell’ascoltare e accogliere i vissuti di entrambi, nel rimandare ai due una possibilità di negoziazione ed ascolto dei rispettivi bisogni. L’operatore che si rivolge alla coppia da il primo esempio di come non escludere, non alimentare la competizione fra i due, prima, e rispetto al figlio poi; di come poter dare sostegno e non essere mai giudicanti. Inizia così a prepararsi il terreno per la comprensione e la cooperazione, per viversi come genitori che si formano insieme, che insieme “aspettano” e si preparano ad accudire e crescere un figlio.

Fondamentale è il rispetto della diversità, di tempi e modi inevitabilmente differenti, il dare lo spazio all’altro nel saperlo ascoltare e accogliere.

Quando le coppie arrivano al corso, la gravidanza è già avanti, circa al 6° mese, e le pance sono evidenti. Iniziamo con il racconto delle prime fasi, dallo shock della notizia alla prima ecografia, ai cambiamenti di umori, alle emozioni provate. Ora però il bimbo è già percepibile, si muove, si fa sentire anche dal papà, spesso ha già un nome. Si arriva già in tre.

Le esperienze psicocorporee che propongo sono molto intense e coinvolgenti: mani sulla pancia lei, lui, insieme…. Cullare il bimbo insieme, esperienza della nascita, posizioni e massaggi durante il travaglio-parto.

Una posizione di base è quella del papà con la schiena appoggiata al muro e la mamma fra le sue gambe, appoggiata al suo petto, con le mani di lui che la cingono fino a accarezzare insieme la pancia con il piccolo. La madre è al centro nella triade è colei che sente il sostegno del compagno per sostenere il figlio, che si nutre per poter nutrire.

Altra esperienza è la madre che, distesa, sente i movimenti e, in contatto col bimbo, prende la mano del compagno per farlo partecipare, ascoltare, comunicare col figlio; così che lei possa godere di questo nuovo rapporto che cresce e che non esclude, che è più ricco, aiuta e nutre tutti.  La madre volge il suo sguardo al padre e aiuta così anche a spostare lo sguardo del figlio verso il padre.

Insegno anche il massaggio dolce alla coppia e i papà sentono di prendersi cura attivamente delle mamme. Spesso è la prima volta che gli è riconosciuto questo ruolo, soprattutto da quelle donne che tendono ad essere autonome, che hanno difficoltà a sentirsi dipendenti e a lasciarsi andare nella situazione di bisogno. Spesso avviene solo a gravidanza avanzata, quando le possibilità fisiche sono cambiate, le donne si concedono l’aiuto del partner e gli uomini sono molto felici di fare qualcosa per loro, di sentirsi scambievolmente utili. Nelle gravidanze difficili è ancora più impellente il bisogno e la necessità di farsi sostenere. In alcuni casi la gravidanza può diventare per la coppia un momento di sostegno reciproco e scambio affettivo profondo, vissuto positivamente, come evento quasi idilliaco sospeso nel tempo.

Negli incontri sia prima che dopo la nascita tante sono le emozioni in gioco. Da non sottovalutare il conflitto-confronto che va affrontato e non solo evitato, rimosso o agito, essere in due e poi in tre significa affrontare una relazione che cresce, si complica, implica il vedere l’altro con le sue differenze, i suoi bisogni, il mettersi in discussione, fare compromessi, il permettersi di cambiare e di farsi contaminare dall’altro.

Oggi un grande problema da risolvere subito e ad ogni costo sembra essere la sopportazione del dolore e della sofferenza, vanno assolutamente evitati, in una illusione collettiva che spinge a non dover mai sentire nessun tipo di dolore che sia fisico o psichico. Dal parto indolore, unica priorità della donna, all’idea di una separazione indolore, ad una crescita indolore, sembra che qualsiasi cambiamento debba avvenire in anestesia, senza sentire niente appunto. “Potevo fare qualsiasi cosa… tanto non sentivo niente” mi ha detto una madre sulla sua esperienza di epidurale durante il parto, ed è proprio quel “qualsiasi cosa”, slegata da qualunque tipo di sentire, che spaventa.

Ritorna importante il richiamo a una “funzione adulta” che va oltre l’accudimento primario, parte da lì per trascenderlo e superarlo, la fase neonatale permette di sentire e di avvicinarsi ad un mondo di emozioni complesso, ricco, vario, l’incontro intimo prepara ad affrontare tutto ciò ma non a rimanervi, in una sorta di paradiso perduto in cui si resta incastrati. Quanti genitori di figli più grandi rimpiangono le prime fasi! Ma quel neonato cresce e bisogna accompagnarlo e riconoscerlo nel suo moto evolutivo.

Un padre mi ha detto “la differenza che sento nel rapporto con mio figlio rispetto alla relazione con altri bambini, è che con lui ho un senso di progettualità, di fantasia del futuro, io sarò sempre all’interno di una relazione padre figlio, anche quando lui sarà grande e io vecchio”. È insomma un rapporto che cresce con tutte le ricchezze e difficoltà di una crescita ma anche con il piacere e con la spinta vitale che ogni passaggio evolutivo porta sempre con sé.

(segue seconda parte)